Constanti Hungarorum (2 Settembre 1893)
Constanti Hungarorum
La chiesa cattolica nel regno di Ungheria.- 2 settembre 1893
Alla costante pietà e al rispetto degli ungheresi verso questa sede apostolica sempre mutuamente e abbondantemente corrispose la patema benevolenza del romani pontefici; e Noi stessi non abbiamo mai patito che da voi, dal vostro popolo mancassero testimonianze di particolare carità e accortezza.
Invero manifestammo il Nostro animo con una certa singolare attenzione di tal fatta sette anni fa allorché l’Ungheria celebrò la memoria di un grandissimo e faustissimo evento, Approfittando infatti di questa occasione, scrivemmo a voi, venerabili fratelli, una lettera e in essa sia richiamammo alla memoria l’avita fede, le virtù e i fatti gloriosi degli ungheresi, sia pure comunicammo a voi suggerimenti circa quanto sembrava riguardare la salute e la prosperità di codesto popolo in questi tempi tanto avversi al nome cattolico. In verità il medesimo motivo e la stessa intenzione Ci spingono ora a scrivervi di nuovo.
Certo in quel genere di cose che agitarono costi’ in questo ultimo tempo gli animi di tutti, la natura del Nostro Ufficio Apostolico richiede che esortiamo con più vigore voi e il vostro clero alla costanza degli animi, alla concordia, alla prontezza nell’istruire e ammonire opportunamente i popoli affidati alla vostra cura.
Ma ci sono presso di voi, oltre a ciò, altre cose che Ci procurano nuovo motivo di sollecitudine: intendiamo i pericoli che ogni giorno più gravi minacciano la religione.
Di fatto queste cose, come rivolgono a sé le Nostre particolari preoccupazioni e pensieri, così sollecitano in massimo grado e con più ardore la vostra opera, venerabili fratelli, e confidiamo grandemente che essa sarà del tutto pari ai Nostri suggerimenti e alla Nostra aspettativa.
Ciò che concerne in generale i doveri dei cattolici, in vista di così particolarmente aspro e insidioso attacco degli istituti cristiani, è ancor più necessario che tutti seriamente e zelantemente esaminino quanto importante sia che in ogni mutamento di tempi e di circostanze resti salva e incolume nello Stato la religione, e parimenti quanto grandemente interessi che in ciò venga mantenuto perfetto e stabile consenso degli animi. Indubbiamente è in gioco la causa circa il sommo e il massimo di tutti i beni che è la salvezza eterna degli uomini, nè di meno [è in gioco la causa] circa la conservazione e la difesa nella società Civile di ciò stesso che è intensamente richiesto sia per la pace sia per la felicità di vero nome.
Così chiaramente sentirono quegli uomini eccelsi e degni dell’oltremodo grata memoria di ogni posterità che mirabilmente risplendettero quale esimio esempio di fortezza d’animo in tutti i popoli in qualsiasi tempo e offrirono se stessi come muro per la casa di Dio; essi per la causa della religione e della chiesa prodigarono con decisione non solo le loro cose, ma anche la loro stessa vita.
In ciò la vostra Ungheria ha pure esempi domestici, ed essi, nel lungo decorso dei tempi, [sono] molti e insigni. Anzi, il fatto che ciò stesso [che] dal re Stefano e dal suo apostolo [fu] accolto nella fede cattolica sia mantenuto fedelmente e con costanza, in questo veramente, oltre al singolare beneficio di Dio, si deve riconoscere un frutto della fermissima e costante intenzione di codesto popolo; che, cioè, abbia con maturità compreso che essendo in gioco la religione, è in gioco la causa circa la gloria del [proprio] nome, circa la stessa incolumità della propria stirpe. È sorprendente, poi, quante virtù generose e insigni abbia alimentato l’affetto di tal genere degli animi: in forza di esse gli ungheresi opposero anche in tempi sommamente difficili all’ingenza dei pericoli una non dissimile grandezza di fortezza e di costanza. Con il sostegno infatti di quelle virtù respinsero invitti non solo le iterate incursioni dei tartari, ma anche i lunghi e immani assalti dei maomettani: degni, certo, che in questa lotta così pericolosa venissero aiutati con ogni mezzo anche da popoli esteri, da sommi principi, massimamente dai romani pontefici; infatti si combatteva non solo per la fede e il dominio degli ungheresi, ma per la stessa religione cattolica, per la salvezza dell’Occidente.
In modo simile le bufere dei secoli recenti che produssero tanto gravi rovine presso i popoli vicini, sebbene la stessa Ungheria ne abbia sentito la violenza e abbia avuto perdite non affatto lievi, essa, tuttavia, ne sfuggì illesa, e ne sfuggirà in futuro, se solo rimanga alla religione l’onore dovuto e tutti riconoscano quali siano i doveri quotidiani di ognuno e li osservino diligentissimamente.
E per venire a quanto riguarda più da vicino la Nostra intenzione, osservammo con dolore d’animo non affatto insignificante, che, oltre quanto nelle leggi d’Ungheria, come abbiamo altra volta deplorato, “è in discrepanza con i diritti della chiesa e diminuisce la sua facoltà d’agire e mette impedimento alla professione del nome cattolico”, anche altro in questi ultimi anni è stato o decretato o operato dalla pubblica autorità non per nulla meno dannoso alla chiesa stessa e alla realtà cattolica: per il corso, poi, che ora hanno le vostre cose [pubbliche] comuni, [c’è] fortemente da temere che non risultino molto più gravi danni alla religione,
Ora, poi, per ciò che concerne espressamente i punti capitali di quanto presso di voi è stato dibattuto con maggiore passione in questo tempo molto vicino, è vostro compito, venerabili fratelli, adoperarvi con zelo e concordia che tutti, sia sacerdoti sia laici, sappiano prima di tutto che cosa a loro sia lecito e da che cosa debbano mettersi in guardia per non incorrere contro le prescrizioni della legge naturale e divina. E giacché tra di voi numerosi curatori d’anime ordinarono circa ciò stesso il giudizio della sede apostolica, richiesto da voi stessi, sarà vostro compito, venerabili fratelli, attendere ad esortare assiduamente i medesimi sacri ministri che per la religione non debbono minimamente discostarsi da quanto la sede apostolica avrà o stabilito o comandato: ciò che poi non è lecito ai sacerdoti, è chiaro che non è lecito neppure ai laici.
Del resto, per impedire la forza di numerosi mali, è di grandissima importanza che i curatori d’anime non desistano mai dall’esortare la moltitudine, per quanto può essere fatto, che ci si astenga dal contrarre matrimoni con persone aliene dal nome cattolico. I fedeli comprendano giustamente e abbiano fisso negli animi, che a matrimoni di tal fatta, che la chiesa sempre ha detestato, si deve essere contrari soprattutto, come Noi stessi in altro scritto esprimemmo, per il motivo “che essi offrono occasione ad associazione e comunicazione proibite delle realtà sacre, creano un pericolo per la religione del coniuge cattolico, sono d’impedimento alla buona educazione dei figli e molto spesso inducono gli animi ad assuefarsi ad avere pari considerazione delle religioni congiunte, sottratta la discrepanza del vero e del falso”.
Ma all’avita religione degli ungheresi, come avvisammo, sovrastano danni maggiori. Quanti costì’ sono nemici del nome cattolico non dissimulano affatto ciò che vogliono: senz’altro raggiungere con tutte le armi più adatte a nuocere che la chiesa e la realtà cattolica vengano ogni giorno ridotte in una condizione peggiore. Perciò, venerabili fratelli, vi esortiamo con più veemenza di altre volte mai, che non risparmiate nessuna fatica per allontanare così grande pericolo dal gregge a voi affidato, dalla vostra patria. Innanzitutto prendete a cuore ed effettuate che tutti, confermati dal vostro esempio ed autorità, accolgano forti e coraggiosi la causa della religione, fermamente la difendano. Certamente non di rado avviene – nè infatti taceremo ciò che è – che alcuni tra i cattolici, nel momento in cui dovrebbero massimamente sforzarsi con virtù e somma costanza di difendere e rivendicare i diritti della chiesa, guidati da una certa specie di prudenza umana, o si sviano nella parte opposta o si presentano nell’agire troppo timidi e remissivi. E facilmente si vede che un tal modo d’agire apre l’adito a pericoli chiaramente gravissimi, in particolare se sono in gioco coloro che o hanno credito di autorità o che possono molto nell’opinione della moltitudine. Oltre, infatti, a venir tralasciato un compito giusto e dovuto, viene offerta causa per lo più di non lieve offesa e preclusa la strada per ottenerla e per conseguire la concordia, che fa che tutti sentano la medesima cosa, la medesima cosa approvino col loro agire. Di questa cosa, poi, cioè o dell’inoperosità o della discordia dei cattolici, nulla ai nemici del nome cattolico può giungere di più desiderato: queste cose, infatti, il più delle volte finiscono là verso dove tendono a precipitare: lasciare ai nemici stessi il campo libero e aperto per osare le cose peggiori. È proprio necessario che in tutto si abbia compagne la prudenza del consiglio e la temperanza; la chiesa stessa vuole far uso nella difesa della verità di un modo riflettuto di agire: nulla [è] tuttavia tanto alieno dalle leggi della sicura prudenza quanto permettere che la religione venga impunemente vessata, che la salvezza del popolo venga messa in pericolo. Avendo poi al fine della conferma della concordia dei cattolici ed egualmente per incitarli all’attiva solerzia, forza efficace e salutare, come si mostra dall’esperienza, gli annuali convegni dei medesimi, in cui con la guida e l’autorità dei vescovi vengono raccolti comuni suggerimenti circa la realtà cattolica, l’incremento delle opere pie di ogni genere, per questo motivo desideriamo ardentemente che venga con diligenza realizzato ciò che voi stessi non molto tempo fa sappiamo che avete opportunamente provveduto a proposito. Non dubitiamo, infatti, che convegni del genere, dei quali Noi con forza fummo promotori che si tenessero anche in altri luoghi, gioveranno grandemente alle vostre cause,
Conviene anche che voi attentamente stiate in vedetta circa il fatto che nelle assemblee dei legislatori vengano eletti uomini di provata religiosità e di dimostrata virtù che abbiano un temperamento tenace in quanto si propongono, cioè sempre disposto e vivace nel rivendicare i diritti della chiesa e della realtà cattolica.
Voi vedete, inoltre, venerabili fratelli, come con l’aiuto sia di giornali sia di libri coloro che discordano dalla chiesa si adoperino con vigore a spargere in lungo e in largo nel volgo i veleni degli errori e delle opinioni perverse, a corrompere i buoni costumi e ad allontanare la moltitudine dalle opere della vita cristiana. Comprendano, perciò, i vostri uomini che è già tempo di tentare qualcosa di più grande in questo campo e far sì con ogni metodo che agli scritti vengano opposti scritti che siano pari all’ingenza della battaglia e forniscano idonei rimedi ai mali.
In massima misura, poi, venerabili fratelli, vogliamo che le vostre propensioni siano fisse e poste nell’educazione dei fanciulli e degli adolescenti. Non è Nostra intenzione ripetere quanto già esponemmo nella medesima lettera a voi ricordata all’inizio: non possiamo tuttavia fare a meno di accennare brevemente ad alcune cose che sono di maggiore importanza.
Circa le scuole elementari si deve insistere e sollecitare, venerabili fratelli, che i parroci e gli altri curatori d’anime vigilino continuamente con somma applicazione su di esse e pongano l’interesse massimo del loro ufficio nell’insegnare agli alunni la sacra dottrina. Tale compito, poi, nobile e grave, non lo cedano alla gestione di altri, ma l’assumano essi stessi e l’abbiano carissimo, essendo certo che dalla sana e pia educazione dell’età puerile dipende per gran parte l’incolumità non solo delle famiglie, ma dello stesso stato. Ne’ crediate che alcuna operosità o solerzia sarà così grande che non ce ne sia da impiegare di più grande al fine che scuole di tal genere abbiano ogni giorno incrementi fruttuosi. Sarà assai opportuno il fatto che in ciascuna diocesi siano istituiti “ispettori” delle scuole, sia un “diocesano” sia dei “decanali”, con i quali ogni anno i vescovi tengano consiglio circa lo stato e la condizione delle scuole e anche circa le rimanenti cose riguardanti la fede, i costumi e la cura delle anime. Che se sia necessario che o vengano, secondo il bisogno dei luoghi, istituite nuove scuole o ampliate quelle già fondate, non dubitiamo affatto che la liberalità vostra, venerabili fratelli, già messa alla prova da molti soggetti, e parimenti quella dei cattolici di ogni ordine sia pronta e si mostrerà generosa.
Circa le scuole medie – come si dice – e quelle delle scienze maggiori, si deve con molta assiduità star in guardia che quanto di bene è stato infuso come seme negli animi dei fanciulli, non vada miseramente perduto negli adolescenti. Per quanto, perciò, potete o con le opere o con le parole, tanto adoperatevi, venerabili fratelli, che pericoli di tal fatta o vengano rimossi o vengano ridotti: e innanzitutto la vostra solerzia pastorale ottenga che alle lezioni d’insegnamento della religione vengano delegati uomini probi e dotti e che vengano rimosse quelle cause che troppo spesso impediscono il frutto salutare e copioso delle medesime.
Del resto, sebbene Ci siano ben conosciute e apprezzate le cure rivolte da voi stessi che codeste sedi di ottimi studi, che secondo l’intenzione dei promotori debbono essere in potere della chiesa e dei vescovi, rimangano tali quali [furono] dagli stessi istituite, vi esortiamo, tuttavia, ancor più che, tolta ogni opportunità, proseguiate ad adoperarvi in ciò stesso con comune consultazione, come è vostro diritto e dovere. Ciò che infatti è concesso a quanti sono dissenzienti dal nome cattolico, ripugna sia all’equità sia alla giustizia negarlo ai cattolici: pubblicamente poi importa che quanto è stato così piamente e sapientemente istituito dagli antenati, venga impiegato perpetuamente non a detrimento della chiesa e della fede cattolica, ma a difesa e a sostegno dell’una e dell’altra e in tal modo per il bene dello stato stesso.
Infine la natura del Nostro compito richiede che vi affidiamo con grande vigore quanto in quella medesima lettera vi abbiamo affidato circa i chierici adolescenti, i presbiteri.
Certamente se è vostro compito, venerabili fratelli, di porre l’attenzione e l’opera maggiore nell’educare rettamente ogni gioventù, è necessario che vi diate molto di più da fare per coloro che crescono per la speranza della chiesa, affinchè appunto essi e siano degni dell’onore del sacerdozio e mostrino una virtù adatta secondo i tempi ad adempierne giustamente i compiti. In questo rivendicando i sacri seminari di diritto la precipua funzione della vostra vigilanza, sforzatevi ogni giorno con più alacre applicazione, che essi fioriscano di ottimi indirizzi e abbondino di tutti quegli aiuti che sono necessari; chiaramente così che mediante l’ammaestramento di scelti superiori, gli alunni delle sacre realtà vengano con maturità e pienezza guadagnati ai costumi, alle virtù proprie del loro ordine e a tutto il decoro della dottrina sia divina sia umana.
Per ciò poi che concerne un operare fruttuoso del vostro clero, è richiesto in grado massimo da questo tempo che la vostra fermezza di fedeltà al dovere, venerabili fratelli, risplenda singolare sia nella concordia nel dirigerlo, sia nella solerzia e carità nell’esortare e ammonire, sia nel difendere la disciplina ecclesiastica.
D’altra parte quanti appartengono all’ordine del clero è necessario che rimangano aggrappati ai loro vescovi con somma fede, accolgano i loro moniti, ne favoriscano i suggerimenti e le iniziative; nell’esercizio, poi, dei compiti sacri, nell’accogliere le fatiche per la salvezza eterna degli uomini si offrano sempre pronti e zelanti con la carità quale guida.
Giacché poi in tutti gli ambiti gli esempi dei sacerdoti possono molto, essi si adoperino innanzitutto per costantemente mostrare se stessi forma viva di virtù e continenza agli occhi del popolo cristiano. Prudentemente, poi, si guardino dal darsi troppo agli interessi per le realtà civili o politiche; e ricordino spesso il detto dell’apostolo Paolo: “Nessuno, militando per Dio, intralcia se stesso con faccende secolari: per piacere a colui da cui ricevette l’approvazione” (2Tm 2,4), Certo, come ammonisce San Gregorio Magno, è giusto non abbandonare di provvedere per le cose esterne per via della sollecitudine di quelle interne: e specificatamente, trattandosi di difendere la religione o di favorire il bene comune, non si devono, certo, trascurare quei sostegni e aiuti che il tempo o il luogo apporti.
È’ necessaria, tuttavia, somma prudenza e vigilanza affinchè, appunto, gli uomini sacri dell’ordine non ne oltrepassino l’importanza e la giusta misura ed essi sembrino curare meno le cose celesti che le umane. In modo molto appropriato [dice] il medesimo Gregorio Magno: “Le faccende secolari quindi devono talora per solidarietà essere sopportate, giammai però essere ricercate per amore; affinchè esse con il loro peso, aggravando la mente dell’amante, non sommergano questa, avendola vinta, dalle cose celesti in quelle terrene”.
Vogliamo anche che coloro che presiedono le curie vengano da voi sollecitati a custodire il “peculio” delle loro chiese religiosamente e lo amministrino con somma diligenza: se poi anche in questo ambito si fossero insediate cose meno rette, voi parimenti mettete in moto l’adatta gestione secondo il compito.
Inoltre riteniamo molto opportuno che dal clero venga prestata premurosa cura che i sodalizi o le confraternite laiche che sono costi’ rifioriscano nel primitivo decoro. Di fatto è in gioco una realtà che riguarda non meno il bene dei medesimi sodalizi che quello pubblico della religione. Infatti, per omettere le altre cose, tali sodalizi possono, certo, essere di grande aiuto a voi e al vostro clero sia nel guadagnare il popolo alla pietà, alla vita cristiana, sia anche nel confermare quella salutare concordia degli animi e delle volontà che quanto mai vivamente desideriamo.
Infine circa tutto quanto riguarda la difesa della religione e dell’avita fede o l’incremento delle istituzioni di nome cattolico o anche la disciplina di ambo il clero, pensiamo che sarà chiaramente ottimo e saluberrimo, venerabili fratelli, se vi abituerete a consultarvi ripetutamente tra di voi per decretare di comune giudizio quelle cose che riconoscerete o necessario o più opportune.
Confidiamo che tutti i cattolici d’Ungheria, vista la china così pericolosa delle loro cose, e riconoscendo in tutto ciò che abbiamo detto una testimonianza della Nostra paterna sollecitudine e della Nostra amantissima volontà verso di loro, prenderanno coraggio e forza e con ogni religiosità, come si conviene, obbediranno ai nostri suggerimenti e moniti. A voi poi, venerabili fratelli, e parimenti al clero e al popolo cattolico, che strenuamente vi affaticate con una sola mente e con un solo animo per la religione, sarà d’aiuto propizio Dio ed egli soprattutto donerà felice risolutezza alle vostre iniziative. Né mancherà senz’altro in causa santissima e giustissima l’amore benevolo e generoso del sommo Principe, diciamo dell’apostolico vostro re, del quale anche dagli inizi del suo principato sono state largamente scorte le benemerenze verso il vostro popolo.
Affinchè tutto vada secondo i desideri e in modo prospero, anche voi con Noi, venerabili fratelli, presentate forti preci a Dio: in modo tutto particolare interponete il patrocinio dell’augusta Genitrice di Dio; implorate poi anche la fede di santo Stefano vostro apostolo, affinchè dal ciclo guardi benigno la sua Ungheria e conservi in essa santamente e inviolatamente i benefici della divina religione.
Come augurio, poi, dei doni celesti e come testimonianza della Nostra paterna benevolenza impartiamo, venerabili fratelli, a voi, al clero e a tutto il vostro popolo amantissimamente la benedizione apostolica.
Roma, presso San Pietro, 2 settembre 1893, anno XVI del Nostro pontificato.
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