giubileo papa leone xiii

Leone XIII apre il Giubileo dell' anno 1900

 

Oh! Le tue mani tremano,
dove sarai tu, quando
un secolo nuovo orando
toglierà le tue pietre.

Pascoli, La porta santa, da Odi e Inni

Il Pascoli rimase affascinato da quel vegliardo novantenne (era nato nel 1810 in Carpineto), che rivestito di un leggerissimo piviale appositamente confezionato dalle suore di Carità, stava per abbattere con vigore quella porta santa, che avrebbe ceduto sotto i colpi di un martello d’oro offertogli dai vescovi italiani. In realtà voleva abbattere diffidenze, dissapori, logge massoniche (che intoneranno con Ernesto Nathan, poi sindaco di Roma, una messinscena di un giubileo laico alle 4 basiliche laiche: Porta Pia, Pantheon, Gianicolo e Campidoglio) e la stessa curia vaticana, piuttosto retriva e titubante. Tutti indistintamente credevano fortemente in un flop mondiale.

Il vecchio pontefice non tentennò neppure per un attimo, fulminando letteralmente la sua corte ed i suoi familiari che cercavano dissuaderlo. Racconta il Manfroni nel suo Diario: “II Papa si mostrò irremovibile, malgrado coloro che lo esortavano ad astenersi dall’intervenire, volle che ogni opposizione cessasse. I suoi famigliari erano agitati e timorosi e perciò presero infinite precauzioni per il caso, non improbabile, di un deliquio, o improvviso malessere durante la cerimonia.”

Né deliquio, né affaticamento, ma un sorridente pontefice quello che fu visto dai fortunati astanti. Tremarono le sue mani, non il cuore del vecchio pontefice carpinetano e coi mattoni caddero timori, titubanze, polemiche. La stampa del tempo cercò di minimizzare le cifre di questo primo giubileo moderno, ma il clamore e l’impatto mondiale furono davvero grandi.

Il mondo operaio, in particolare quello francese, esaltato nella recente enciclicla Rerum Novarum, si era riversato in Roma; l’Italia rispose coronando i suoi monti con i segni della Redenzione (anche il Capreo ne vide innalzarsi uno) e la sua patria Carpineto rispose entusiasta come già nel celebrato giubileo sacerdotale dell’anno 1888 e in quello episcopale dell’anno 1893. Ed il consiglio comunale fece suo l’appello stringendosi attorno al suo concittadino “che con l’esaltazione al trono pontificio aveva migliorato le condizioni di questo paese e coi lavori eseguiti ha mantenuto per molti anni centinaia di famiglie ed alcune altre di molto avvantaggiato la propria condizione.”

Ed ancora una volta pastori e contadini, operai ed artisti ripercorsero le strade giubilari verso Roma, verso il Vaticano che aveva così esaltato quel loro concittadino, che ora poteva cantare il suo Nunc dimittis salutando il 1900 “principio ad un secolo, più felice del secolo che muore!”.

E volle augurare agli uomini, con il suo Carmen saeculare di impronta oraziana, lunga felicità. al nuovo secolo della luce, della velocità e della macchina, mentre per lui si appressava la “fatalis hora”.

I suoi anni raccordavano due mondi, due storie e si consegnavano alla memoria degli uomini.

Così il polemista Egilberto Martire, nel suo Gli anni santi, sottolinea questi eventi ed il lungo pontificato di papa Leone XIII: “Dal giubileo del 1625 a quello del 1900 corrono tanti anni che ben pochi sono gli uomini i quali possono congiungersi nel ricordo vivo le due date e le due celebrazioni. Tanto è il tempo passato, tante le cose morte, che tutti gli umani vincoli viventi sembrano spezzati tra l’uno e l’altro. Ma un vincolo c’è, saldo e splendente: il conte Gioacchino Pecci di Carpineto.

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