pallio 2013 ugo nespolo

Pallio 2013 - Ugo Nespolo

Ugo Nespolo promotore di un sogno

Convinto che il passato non possa essere distrutto perchè la sua distruzione porta al silenzio, il m° Ugo Nespolo nella elaborazione del “Pallio” 2013 per la nostra città ha voluto lanciare un altro messaggio: riedificare un passato e promuovere un sogno. Un sogno che appartenga non all’individuo ma a tutta una comunità. Sogni collettivi e storie che vengono da lontano: quel medioevo che rappresenta l’alba dei popoli con le sue certezze e i suoi riti ripetuti nel lungo andare dei secoli. Ed ecco il nostro pittore, anzi il nostro poeta a cantare il senso gioioso e ludico della vita, dove esperienze secolari si uniscono sincreticamente con il presente, trascrivendo in chiave popolare “il Pallio della Carriera”, secolare manifestazione religiosa e laica che si celebrava in riti suggestivi nella chiesa medievale di S. Agostino, patrono della città.

Ed ecco allora rileggere il “fluxus” dei secoli e cantare la presente gioconda miscela di cavalli, cavalieri e musici assemblati in un vortice di colori mediante la tecnica del “puzzle”. Un caleidoscopio di azzurro, marrone e soprattutto giallo, colori che rappresentano essi stessi la giocondità e l’allegria dello stare assieme ed essere comunità che celebra gli stessi riti e coltiva identici progetti di vita. Una sintesi di valori oltre che di colori in un libero carosello, dove il flusso vitale dei cavalieri, che, passando davanti allo spettatore quasi in un fugace apparire, additano con il pugnale la vittoria lontana, prima di scomparire tra i musici che sullo stesso metro incedono a passo cadenzato con i loro grandi e coloratissimi tamburi verso una vittoria che accumuna tutti indistintamente. Oltre il racconto ludico, le stelle a 5 punte che brillando nel cielo di Carpineto, evocano al tempo stesso quella araldica Aldobrandina che andiamo celebrando annualmente nel “Pallio della Carriera in onore di Donna Olimpia Aldobrandini”.

“Fluxus”, carosello, vortice di uomini e cose, ebbri di gioia che sembrano per un attimo placarsi nella visione che appare dentro uno scenografico occhio ciclonico: la solenne centralità della chiesa medievale dedicata a sant’Agostino patrono della nostra cittadina, con protiro e rosone che danno maggiore solennità ai colori che qui sembrano placarsi; più lontano, la torre campanaria a sfidare i secoli nella nuda pietra locale a faccia vista.
Un passato che si invera nella stabilità monumentale di un edificio sacro, dalle cui storie e
riti ancora promanano agoni e sogni collettivi sempre vivi, che ricreano il mito della vittoria e del comune attendere agli eventi collettivi degni di essere vissuti nell’empito di una vittoria agognata.

L’ artista, Ugo Nespolo
Ugo Nespolo o la luce nell’arte

Torinese, diplomato all’Accademia Albertina con Enrico Paolucci, stabilisce nel 1966 stretti legami con gli elementi di spicco della cultura della città: Edoardo Sanguineti, e il “Gruppo “63”, Renato Barilli, Crispolti, Trini, Celant, Dorfles. Esplorando nuove scelte espressive ed intellettuali avverte un profondo bisogno di rinnovamento che proviene d’Oltralpe, ed insegue esteticamente la teoria della “formatività” (“formare significa fare ma un tal fare che mentre fa inventa il modo di fare…”(L. Pareyson)

Da Torino trasferisce il suo studio a Milano nel 1972 e continua con una certa regolarità esperienze integrate tra arte e attività culturali collaborando con musei da tutto il mondo(New York, Parigi, Lione, Filadelfia, Antwerp, Londra, Varsavia, Cracovia, Lubiana, Colonia, Pechino Shangai. Buenos Aires, Cordoba, Jeddah). E mentre le città europee come Parigi sembrano perdere il loro ruolo di centrali culturali internazionali, dal 1973 al 1985 si stabilisce a New York. Da qui nuovi stimoli, interessi formali e sostanziali lo faranno indagare non più sull’arte informale ma sulla più interessante “pop art”, frammentando il racconto pittorico come vero puzzle e ritrovando comunque rinnovata ispirazione dal Futurismo e Dadaismo di inizio secolo XX. Il maestro Nespolo ha così un occhio attento alla diffusione popolare della cultura, spezzando la formalistica divisione tra quella alta e bassa. Così in questo rinnovamento artistico riesuma l’arte povera e tutti quegli strumenti una volta appannaggio dell’artigianato nobile: ceramica, vetro, legno. E’ l’etica del fare. E trasferisce così il suo interesse caleidoscopico sul design, sull’ abbigliamento , sulla grafica pubblicitaria, sulla scenografia ed arte scenica del teatro per confluire in una esperienza onnicomprensiva verso la celluloide e perfino la letteratura. In questo contesto recupera la lezione del passato “che non può essere distrutto perché la sua distruzione porta al silenzio”.

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