cartina della montagna

Il Monte Capreo

Il monte Capreo è inconfondibile per la croce che domina, dalla sua cima più alta, l’intero territorio carpinetano.

L’escursione al monte Capreo può essere effettuata intraprendendo due strade differenti: la prima inizia in località Sella. Fiancheggiando il monte dalla parte della valle del Rapiglio, giungiamo alla Croce, la quale è stata eretta su uno slargo privo di vegetazione nel 1902 da papa Leone XIII.

La seconda via parte da Carpineto, attraversa i boschi di castagni sino a giungere alle Scale Potenzia, dove si può ammirare la lunga gradinata in materiale calcare che la distingue dal resto della mulattiera: da qui scorgiamo alla nostra sinistra la Croce che si può raggiungere percorrendo la cresta del monte, attraverso uno stretto sentiero.
Dalla croce del Capreo si ammira un vastissimo panorama. Al turista sprovveduto raccomandiamo di fare attenzione agli “ousi” di cui uno si trova a pochi metri dalla Croce ed è circondato da filo spinato.

Una gita molto importante, per i reperti archeologici, è il giro delle varie fonti comprendenti Rapiglio, Acqua della Spina, Fota, Carpinello, con brevi puntate ai resti dell’Abazia di Valvisciolo ed al castello di Collemezzo.
Anche per questo nuovo itinerario consigliamo due strade: l’una che si diparte in località Sella, già incontrata nelle precedenti descrizioni della Semprevisa e del Capreo, e l’altra dalle Scale Potenzia, descritta nella puntata al monte Capreo.

Partendo dalla Sella, scendiamo per la valle del Rapiglio: una valle lussureggiante di verde che gradatamente scende verso il basso.

Il cammino in primo tempo facile e scorrevole, diventa sempre più angusto, per inoltrarci in una gola ripida e scoscesa sino a raggiungere la fonte del Rapiglio.

L’altro percorso, iniziamo per brevità dalle Scale Potenzia, (visibile dal paese) è preferibile sia per la facilità del tracciato che per i reperti che vi si possono incontrare. Dalle Scale Potenzia si domina tutta la valle del Rio con alcuni paesi lepini.
Partendo da questa località: la prima tappa è l’Ara della Spina, dove passiamo trovare i resti di costruzioni risalenti al I o II sec. a. C. (non possiamo fornire ulteriori dati perché sul luogo non sono stati condotti scavi metodici che delucidino la vita di queste antiche popolazioni volsce).
La mulattiera, con una ultima rapida discesa ci porta alla fonte del Rapiglio, incassata nella roccia e comprendente un va­scone di raccolta ed un fontanile per l’abbeveramento del bestiame.

A questo punto è bene fare una breve digressione per parlare di una cavità che si trova sulla fonte stessa. L’antro presenta la sua apertura di pochi metri di larghezza, su un canalone seminascosto dal sottobosco e dai faggi.
Recenti spedizioni speleologiche hanno esplorato l’antro, che presenta un budello lungo diverse centinaia di metri con varie diramazioni, sino a giungere in un vasto lago sotterraneo, quasi certamente il deposito naturale delle acque del Rapiglio.
Riprendiamo il cammino, proseguendo per l’angusta valle del Rapiglio, dove troviamo a 10 minuti di cammino l’acqua della Spina, un’acqua che inaridisce con i primi caldi: forse un sifone naturale.

Da qui ci portiamo alla Fota.
Questa fonte situata a circa 600 m. sul livello del mare, è la più copiosa e comprende due opere in muratura: il suo rifacimento fu opera di papa Leone XIII, (una lapide ne ricorda qui le sue imprese di giovane cacciatore). Si trova, questa fonte, incassata in una angusta valle dalle pareti quasi degradanti a picco sul torrente sottostante, ed è il natural prosieguo della valle del Rapiglio per terminare poi a Casal del Pozzo. Il primo fontanile oltre alla fontana stessa ha un gruppo di vaschette, dove le donne lavavano i panni.
Il secondo complesso oltre al fontanile per abbeverare gli animali, ha una vasca per lavare il bestiame, in particolar modo le pecore prima della tosatura.

Alzando lo sguardo in una macchia di carpini troviamo l’acqua del Carpinello, che prende appunto il nome dalle piante che lo circondano; acqua molto leggera che stilla dalla roccia come rugiada.

Prendendo un sentiero sulla destra della valle della Fota si arriva in poco tempo alla diroccata abbazia di Valvisciolo (detta localmente “Canarine”): pur in mezzo a rovi ci impressiona l’ardita costruzione dalle larghe mura perimetrali, il campanile diroccato, la sala capitolare, le vasche per i pesci e due pozzi, di cui uno attualmente in efficienza. Nel medioevo la tubatura dell’acqua presa dalla Fota arrivava fin sotto il convento per alimentare la vita della comunità monastica.

Lasciandoci dietro questo che, una volta, era un regno di vita, ci inoltriamo attraverso le “cese” (parte di terreno disboscata e coltivata) per la via che ci conduce, con un lungo giro, fino alla città morta di Collemezzo.

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